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Pietro Zamariola dalla panchina ai rigori parati in Serie D
Non sempre i più bravi militano in Serie A

06.12.2016

La magica storia del giovane portiere che sta in Serie D, dal dischetto, sta stregando i migliori attaccanti del girone. Tre rigori parati su tre...e ad inizio stagione neanche doveva essere il titolare


Una parte del bellissimo articolo che il quotidiano La Stampa di Torino, ha dedicato alla giovane promesse:

Il rigore è un palpito, uno schiocco di frusta, una sospensione del tempo crudele e letale. Un gesto tecnico unico, feroce nella sua spietata velocità, l’apnea di un fiato trattenuto. Per calciarli ci vuole coraggio, per pararli ci vuole classe e quella spolverata di incoscienza amica di tanti portieri. Non sono molti i professionisti che assurgono al titolo di specialisti come Benji, il portiere dei cartoni animati giapponesi che, come si ascoltava nella sigla, si allenava «parando i rigori»: Toldo negli Europei del 2000 contro l’Olanda, Dudek e Ducadam nelle finali di Champions e Coppa Campioni hanno colto l’attimo. È anche una questione di esperienza e per questo assume valore speciale in serie D il 100% di rigori parati quest’anno da Pietro Zamariola, numero uno della Pro Settimo Eureka: classe ’98, ultimo anno al Liceo Vittoria e tre penalty respinti su tre calciati, ben due nella stessa partita.
E contro avversari mica qualunque: a Pinerolo Zamariola ha bloccato Andrea Gasbarroni, 35 anni e tanto per dire 351 match tra i professionisti di cui 122 in A, oltre a Bryan Gioè, già 10 gol quest’anno. A Bra si è arreso il bomber Marco Dalla Costa. «Quasi non me lo spiego – si schermisce Zamariola – perché nella mia carriera ne ho sempre intercettati pochissimi. Ho iniziato alla J Stars a 9 anni per curiosità accompagnato da un amico: portiere per caso, un po’ come questa mia nuova dote. Poi settore giovanile tra Juve, Pro Vercelli e Cuneo». 
Alla Pro doveva fare il secondo al monumento Vincenzo Gaudio Pucci, ma un infortunio dello storico numero uno ha fatto spiccare il volo a «Zama». Subito titolare, subito decisivo: «Bisogna conquistarsi la fiducia dei compagni, soprattutto della difesa. Penso di esserci riuscito. Ora il venerdì prima delle partite mi fermo un po’ di più per allenarmi sui rigori.. Qualche volta abbiamo le immagini e allora osservo la tecnica di chi calcia ma non siamo in serie A e allora si va ad istinto. Io guardo chi tira negli occhi, è una sorta di gioco psicologico, cerco di intuire la sua paura. Poi scelgo il lato e mi tuffo. Alla tv studio Handanovic, il portiere della mia Inter». 
Certo, il faccia a faccia con Gasbarroni, non è stato proprio un momento come tanti: «E come poteva esserlo? Il mister mi ha dato un suggerimento: gli ho detto di non preoccuparsi e che ci avrei pensato io. Mi sono detto che quella era la mia occasione: quando ha messo la palla sul dischetto ero convintissimo. Rasoiata secca, tuffo senza paura e tiro intercettato». 
«Assolutamente non mi aspettavo di diventare il titolare in questa squadra. Ero partito come secondo, anche perchè il portiere titolare è Gaudio Pucci, tra l'altro colgo l'occasione per ringraziarlo per tutti i consigli che mi dà quotidianamente, per la mia crescita è fondamentale».


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